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Ponte sullo Stretto: 600 Espropriati agli sportelli su 3000 avvisi, pochi credono allo sviluppo del sud con un ponte

La settimana scorsa si è conclusa la fase informativa degli sportelli espropri per l’opera “Ponte sullo Stretto” predisposti dalla Stretto di Messina Spa nei locali comunali di Villa San Giovanni e Messina.

Oltre 600 persone ricevute presso gli sportelli informativi, l’obiettivo era di informare i soggetti interessati agli espropri per la consultazione dei documenti relativi al piano di esproprio e presentare delle osservazioni per poi procedere alla presentazione delle domande per l’indennizzo.

Tante proprietà a rischio espropri per la realizzazione del ponte sullo stretto di Messina, si accennava a circa 3000 ditte interessate, sempre, se il progetto verrà approvato dal CIPESS. Invece, presso gli sportelli informativi delle due città dello stretto si sono recati solo 600 persone, mentre sono 10 comuni coinvolti per la realizzazione del ponte: Reggio Calabria, Villa San Giovanni, Campo Calabro, Montebello Ionico, Milazzo, Messina, Pace del Mela, San Filippo del Mela, Venetico e Villafranca Tirrena.

Le ragioni di questa incredulità sono diverse e complesse:

Problemi economici: La faraonica opera comporterebbe costi enormi, stimati intorno ai 12 miliardi di euro, che generano preoccupazioni sulla sua sostenibilità economica e sul ritorno di investimento.

Impatti ambientali: Non mancano timori per l’impatto ambientale del ponte, sia sulla flora e fauna marina dello Stretto, sia sul delicato ecosistema circostante.

Fattibilità tecnica: La realizzazione del ponte presenta sfide ingegneristiche immense, data la profondità e le condizioni marine dello Stretto, alimentando dubbi sulla fattibilità tecnica e sulla sicurezza dell’opera.

Mancanza di un piano completo: La scarsa chiarezza su alcuni aspetti cruciali del progetto, come il finanziamento, la gestione e la manutenzione, alimenta la sfiducia e la sensazione che manchi un piano completo e trasparente.

Esperienze passate: Le vicende negative di grandi opere infrastrutturali in Italia, spesso costellate da sprechi e corruzione, alimentano il pessimismo sulla buona riuscita del progetto.

La Via Vas (Valutazione Ambientale Strategica) sul progetto del Ponte sullo Stretto di Messina ha sollevato diverse criticità che riguardano principalmente:

Impatti ambientali:

Danni agli habitat marini: La costruzione del ponte e le relative attività di cantiere potrebbero danneggiare gravemente gli habitat di diverse specie marine protette, tra cui i cetacei e le praterie di posidonia.
Aumento dell’inquinamento: Le emissioni di gas serra e di inquinanti atmosferici durante la fase di costruzione e di esercizio del ponte potrebbero avere un impatto negativo sulla qualità dell’aria e dell’acqua.
Disturbi ai flussi migratori: Il ponte potrebbe rappresentare un ostacolo per le migrazioni di alcune specie animali, sia marine che terrestri.

Impatti paesaggistici:

Alterazione del paesaggio: La costruzione di un’opera di grandi dimensioni come il ponte avrebbe un impatto notevole sul paesaggio costiero, con la perdita di aree naturali e la compromissione della bellezza della zona.

Problemi tecnici e di sicurezza:

Sismicità e rischio idrogeologico: La zona dello Stretto di Messina è soggetta a un elevato rischio sismico e idrogeologico, che rende la costruzione del ponte un’impresa estremamente complessa e pericolosa.
Altezza del ponte: L’altezza prevista per il ponte potrebbe ostacolare il passaggio di alcune navi, con potenziali ripercussioni sul traffico marittimo.
Mancanza di studi adeguati: Alcuni esperti hanno sollevato dubbi sulla completezza degli studi condotti finora sulla fattibilità del progetto, in particolare per quanto riguarda la resistenza del ponte ai fenomeni sismici e alle correnti marine.

Conclusione

Nonostante le perplessità e le sfide, il ponte sullo Stretto di Messina continua ad essere un’idea che accende gli animi e solleva questioni cruciali per il futuro del collegamento tra Sicilia e Calabria. Il dibattito acceso dimostra l’importanza di un confronto aperto e trasparente che consideri tutte le implicazioni di un’opera così ambiziosa, ma probabilmente non necessaria e prioritaria per lo sviluppo del sud e, soprattutto, dell’area dello stretto.